Itinerario 12 – La Lombardia Longobarda

Castel Seprio – provincia di Varese - sorse agli inizi del IV sec. d.C., a seguito delle invasione delle popolazioni barbariche (nel III secolo queste ultime avevano incominciato a varcare pesantemente i confini centro europei dell'Impero romano tanto che, nel 269, gli Alamanni erano giunti fino a Milano) come luogo militare posto lungo la via Como-Novaria a difesa dei confini (Iimes) al di qua delle Alpi. A questo periodo risalgono le tre torri ancora visibili, a livello delle fondamenta, sul pianoro del castrum.

La storia dell'antico insediamento si svolge dal mondo tardo-antico alla fine dell'età comunale (XIII secolo) passando attraverso la dominazione dei Goti e le guerre goto-bizantine, il dominio longobardo (VI-VIII secolo) e l'età carolingi (fine VIII secolo…).

La fortificazione venne distrutta dopo anni di tentativi nella notte del 28 marzo 1287, a conclusione della lotta per la conquista della Signoria di Milano tra le famiglie Della Torre (sconfitta) e la famiglia Visconti (vincente): vennero rasi al suolo gli edifici militari e civili. L'arcivescovo Ottone Visconti decretò che mai più si ricostruisse e si abitasse nell'antica roccaforte.

Il divieto  sotto forma di giuramento veniva pronunciato dal capitano e poi dal vicario del Seprio fino al 1786, quando fu soppresso dall'Imperatore austriaco Giuseppe II, e fu ampiamente rispettato.

Dalla distruzione vennero risparmiate solo le chiese con i loro edifici di servizio (case canonicali, ecc...) i cui resti sono visibili all'interno dell'attuale zona archeologica. Dopo di allora il luogo non fu più abitato se non dai religiosi. Fu abbandonato anche da questi ultimi alla fine del '500.

Dichiarato il 26 giugno 2011 Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco nell’ambito di sette siti italiani relativi alla civiltà longobarda.

Attualmente i monumenti visitabili sono: il ponte, le mura, le torri, la basilica e il convento di San Giovanni, le abitazioni, la chiesa di San Paolo, la chiesa di santa Maria e il Monastero di Torba.